“Ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale. Ho omesso anche il paese perché c’è il rischio che arrivino pure lì a rompere i coglioni”
Intanto il mondo continuava a girare impazzito, seguendo dei ritmi che non aveva mai avuto negli anni precedenti: la guerra in Ucraina continuava, e l’Ucraina stava riguadagnando terreno. L’inflazione era alle stelle e lui si chiedeva spesso come facessero gli A***** a sopravvivere, visto che al supermercato tutto, o quasi, era importato, gli stipendi erano un quarto di quelli italiani in media, e l’entrata in palestra costava 5 euro. Gli Italiani stessi erano con l’acqua alla gola, o almeno i telegiornali volevano farlo credere, visto che il costo dell’energia elettrica era alle stelle, e così il gas e le altre utenze.
Lui invece voleva solo partire. Per qualche paese lontano, tropicale magari, dove non capisse la lingua. Gli piaceva stare all’estero perché si sentiva come protetto, in qualche modo ovattato e lontano da dinamiche che tanto non poteva controllare, perché non le capiva. La lingua diversa lo proteggeva in questo senso, gli faceva da scudo contro il mondo esterno, e poteva concentrarsi finalmente sulla sua vita.
Per questo il dover tornare in Italia non lo entusiasmava: era contento di poter rivedere genitori, qualche amico e andarsene un po’ in qualche ristorante tipico italiano, ma per il resto non aveva voglia di sentire sempre tutti lamentarsi.

I suoi conoscenti lo trattavano come un alieno, lui che aveva deciso di non vivere una vita lineare, con una base logistica fissa: semplicemente, gli piaceva viaggiare, sentiva che il tempo a disposizione su questa terra era limitato e voleva vivere quante più esperienze possibili.
La burocrazia lo annoiava, si sentiva come un Don Chisciotte, a combattere contro mulini a vento e pagar tasse per far parte di una società, vivendo in un determinato luogo che non offriva nulla di speciale, di cui non condivideva un fico secco.
Almeno averlo dovuto fare per vivere di fronte al mare, in un villaggio con feste tutte le sere e pesce fresco…Ma doversi sbattere per vivere in una provincia dialettale cementificata, dove al massimo si usciva al bar della stazione, non gli sembrava il caso, e non avrebbe neanche più potuto farlo, dopo aver girato mezzo mondo non c’era verso…
La settimana precedente era stato al Teknival, o A******* Tek, Rave in pieno stile anni ‘90 che aveva preso piede per una settimana sulla D***** B****, a un’oretta da D****. Come gli era piaciuto, gli aveva ricordato la sua adolescenza, dove c’era decisamente più libertà in Europa ed eventi del genere accadevano ogni weekend.
Una via interminabile di mezzi camperizzati portava fino al sound principale: potevi vedere qualsiasi cosa lì dentro, camion adibiti a ville mobili, mezzi militari anni ’80 che andavano sulla spiaggia neanche fosse asfalto drenante autostradale (lui si era impantanato appena arrivato, e un ragazzo romeno lo aveva aiutato ad uscire), camper vecchi e nuovi con bandiere pirata, vecchie panda 4×4 e tende piantate ovunque. Accanto, i sound aggiuntivi, un po’ più piccoli.
Il viavai interminabile di mille anime in cerca di sfogo, musica, droga e arte. Ragazze bellissime e trasandate, nudismo, piscio e vomito, cani sciolti, amore, mille sorrisi e parole scambiate a caso, chiamare il mio cane ogni 3 minuti per evitare che si perda, ridere sul fatto che i pitbull siano proprio cani da rave, perché sin dal primo minuto si era trovata a suo agio.
Si era fatto un viaggio di keta, presa da alcuni ragazzi di Venezia arrivati fin lì con un camion appena finito di camperizzare, che lo aveva lasciato un po’ disturbato, era stato uno sballo freddo, quasi distaccato, ma aveva avuto modo di pensare. Il giorno dopo avevano mangiato del pesce fresco in un piccolo chalet al quale qualcuno aveva hackerato l’impiato l’audio mettendo su della tekno anche durante il pranzo tardivo che, doveva ammettere, scendeva giù bene tra vino e alti bpm.
Sulla via del ritorno si erano fermati a comprare dell’acqua (comunque quei 35 gradi al sole c’erano ancora, anche se era Settembre) e la signora del piccolo market locale di un paesino di 22 anime, a qualche km dal rave, lo aveva salutato tutta contenta, chiedendogli se fosse italiano e offrendogli una cassa di birra, sì avete capito bene, non una birra ma una cassa, che era probabilmente stata l’unità di misura di birra usata durante il rave. “Signora, vorrei 2 casse di birra, gelata” e lei tutta contenta a indicare il frigo a pozzetto allestito appositamente per l’evento.
Lui risponde che vuole una bottiglietta d’acqua frizzante, e che purtroppo è tutto finito. La signora quasi ci rimane male, ha venduto più roba in quell’ultima settimana che durante gli ultimi 5 anni. “Però è stato tutto molto bello, e qui è un posto fantastico. Ci vediamo l’anno prossima” e lei sorride di nuovo, ed è contenta che la sua terra sia stata apprezzata (e pensa a come organizzarsi per l’anno successivo).
Nel frattempo la regina d’Inghilterra è morta, il gas costa ancora di più, lui valuta se comprare casa in A******, non perché vuole viverci, ma per rivenderla, l’inflazione galoppa ed è difficile decidere se la vita è più bella o disagiata.