Ricordo con nitidezza la prima volta che comprai gli anfibi. Facevo forse la quarta elementare e a quell’età le mode e i desideri si diffondono prepotentemente e rapidamente, proprio come malattie contagiose, o un viral video con i gattini. Insomma questa ragazza, o meglio questa bambina, della mia classe un giorno entra in aula con indosso quelle scarpe il cui alone leggendario aveva preceduto la visione concreta…
Come impazziti, cominciammo subito tutti a chiedere se fossero originali. Non so bene, e di certo non lo sapevo allora, cosa definisse quella cosiddetta originalità, ma era decisamente un criterio importante.
La mia compagna rispose che si, ovviamente erano originali, senza addurre prove evidenti. Bastava la loro presenza per darne conferma. Avevano 2 fibbie in cima, erano di colore nero, lunghezza alla gamba di poco superiore alle oggi conosciutissime Dr Martens, ossia poco sopra alla caviglia. Insomma, ricordo di aver pensato che in un modo o nell’altro dovevano essere mie. Così, dopo varie settimane di fare il bravo (una di quelle settimane in cui promettevi ai genitori di non uccidere, non smazzare più di tanto, non andare a prostitute e così via, in cambio di qualcosa), mio padre mi portò al negozio degli anfibi.
Fin da subito, qualcosa mi parve strano, ma quello era il negozio indicatomi dalla mia compagna, i cui anfibi erano inconfutabilmente originali. Dicevo, qualcosa puzzava perché il suddetto esercizio commerciale vendeva scarpe per bambini, non per ribelli senza causa dodicenni con gli anfibi, come io amavo definirmi. Ma appena la commessa mi mostrò le mie future creature, ogni dubbio scomparve: cazzo, erano originali!! La commessa era una ragazza rilassata e scocciata sui 20 anni, che indossava anfibi lei stessa. Si rivolgeva a mio padre guardandolo dritto negli occhi senza remora alcuna, dandogli del tu e condendo le frasi con aggettivi che a me erano stati proibiti, del tipo spacca, figo, mega e rivoluzionario. Sentivo che sarei presto entrato a far parte di una determinata categoria sociale comprando quella tipologia di scarpe. Un nuovo mondo mi aspettava, pieno di grandiose utopie e insaziabili desideri. Le provai. Allacciarle richiese 20 minuti buoni. Mi guardai allo specchio con il pantalone ancora su al ginocchio, dove lo avevo tirato per indossarle. Erano fantastiche ai miei piedi. In quel momento i G.I. Joe erano delle mezzeseghe, He Man aveva il parrucchino e la candida e Batman era un idiota mascherato. Solo Maldini rimaneva un grande in quanto il sottoscritto da piccolo era fottuto per il calcio.
Ma, ahimé, la commessa molto rapidamente venne verso di me a trafiggermi i sogni. Gli anfibi, mi disse, non vanno mai indossati sopra il pantalone, abbassalo subito. Ubbidii. I pantaloni coprivano le fibbie e la parte superiore degli anfibi, non lasciando intravedere nulla. Ero perplesso.
Tutta la mascolina prepotenza della struttura anfibia scomparsa, la scarpa sembrava una brutta copia delle Timberland. Ma, come tutt’ora a volte mi capita, diedi ascolto all’esperta, autoconvincendomi che una tipa come quella di sicuro sapeva il fatto suo. Mi abituai a portare i pantaloni sopra gli anfibi, ma la mia anima dodicenne soffriva.
Quelle scarpe, non le stesse visto che consumo un paio di scarpe ogni 3 mesi, di anfibi forse ogni 6, ma quel modello di scarpe mi ha accompagnato finora. Ricordo che durante le scuole superiori andavano invece di moda le Cult, rispettabilissime nella loro peculiare forma e con la punta di ferro. Ne avrò possedute 10 paia, forse più. Le amavo. Ci prendevo a calci i muretti fino a liberarne la punta di ferro. Ci ho aggiunto scritte, lacci fluorescenti e spagliati, lucchetti e catene. Campeggiano tutt’ora nel mio cuore e mi chiedo che fine abbian fatto e perché non siano le scarpe più vendute a livello internazionale.
Ora infatti, per puro spirito di protesta, apatia e pianificata noncuranza, indosso invece scarpe antinfortunistiche da lavoro. Raben, probabilmente false, comprate dai cinesi. Hanno la suola a carrarmato antiscivolo a prova di olio. Ah, e la punta di ferro. L’altro giorno non mi han fatto entrare in un locale per via delle scarpe. Mi han detto che se cadevo, con quelle scarpe avrei fatto male a qualcuno. Subito mi son girate le scatole, ripensandoci ne vado fiero. La mia affezionata punta di ferro…
color cigliegia.