Cogliendo l’occasione dell’incontro con Marcello Mari di Wired Nomads, ho deciso di dare il via a un progetto che avevo in mente da tanto tempo: intervistare personalità carismatiche e sradicate dalla cultura mainstream che tanto mi affascinano e che incuriosiranno anche voi.
Io e Marcello ci siamo conosciuti su Facebook, in un gruppo molto interessante chiamato “Nomadi Digitali” che, diversamente dagli altri, punta poco sulla polemica e molto sulla condivisione di contenuti e informazioni potenzialmente utili alla comunità dei freelancer in remoto. Marcello scrive su Techcrunch e ha partecipato a Ted con un bel talk intitolato The Art of Pretending e al momento è in giro per il Sud Est Asiatico alle prese con il suo nuovo progetto Wired Nomads, di cui ci parlerà nella sua breve intervista.
Chi sei? Presentati, nel bene, nel male e nel percorso che ti ha portato a essere la persona che sei oggi…
Mi chiamo Marcello Mari e sono nato in una frazione di 500 persone di un paesino di nome Comacchio. Ho vissuto per la prima volta all’estero all’età di 16 anni per un anno di scambio negli Stati Uniti. Da lì ho continuato a muovermi. 7 anni in un’altra città (Bologna) e poi ancora un anno negli Stati Uniti e un altro a Forli per motivi di Studio. Nel mezzo, anche un’esperienza imprenditoriale di 6 anni con mio fratello col quale abbiamo aperto un disco bar sulla spiaggia.
Di ritorno dagli States mi sono fermato a Londra per un internship di 3 mesi, ma sono finito per rimanerci 7 anni. Ora viaggio cercando di guadagnarmi da vivere lavorando da remoto con i mie contatti londinesi e nel mentre faccio “WiredNomads”
Parlaci del tuo progetto, come è nato, la sua evoluzione, le finalità e perché dovrebbe interessarci.
WiredNomads è il primo passo di un progetto di lungo termine. WiredNomads al momento è un documentario web fatto di piccoli episodi che vogliono narrare la vita dei cosidetti “digital nomads” ovvero quei professionisti che grazie al digitale riescono a lavorare da remoto senza essere legati ad un posto geografico. Per questa fase ho anche ricevuto una piccola sponsorship da parte di GoPro e SquareSpace per le quali vado molto orgoglioso.
Ho anche lanciato una campagna di crowdfudning su indiego, che si può trovare a: http://bit.ly/2kiBvjo – Per chi invece non se la sentisse di donare denaro, può comunque supportare il progetto donando la sua base di follower sui social a questo link: http://thndr.me/lgd6hU
Ma nel lungo termine, WiredNomads diventerà una vera e propria struttura che potrà fornire a chiunque gli strumenti per intraprendere questo tipo di vita, non legati alle logiche dell’ufficio e del “9 to 5” classico.
Io e i miei partner crediamo che quello di cambiare il mondo del lavoro sia una missione che la nostra generazione deve necessariamente intraprendere per il bene delle future generazioni. Vogliamo un mondo dove la propria professionalità non debba essere legata al concetto di “tempo” e “luogo”, forme che, per noi rappresentano una moderna forma di schiavitù.
La tecnologia ci ha dato dei mezzi dei quali le generazioni precedenti non potevano disporre. Oggi, grazie a questi mezzi, possiamo non solo lavorare da remoto, ma ribaltare completamente le dinamiche classiche che avvengono normalmente all’interno di un’azienda. Parliamo di Smart Contract, parliamo di decentralizzazione del mondo del lavoro. Tutte tematiche molto attuali ma delle quali non posso ancora dare molti dettagli su come verranno declinate all’interno del nostro progetto.

Ricevendo spesso commenti che, benevolemente, chiamerei “particolari” sulle mie scelte di vita, sono curioso di sapere come chi ti sta intorno ha reagito alla tua decisione di partire. E come te hai recepito gli stessi.
Io devo dire che ho ricevuto molto supporto riguardo a questa scelta. I miei familiari, o comunque le persone che possono essere più lontane dal mondo del digitale e dell’innovazione, magari non hanno capito, ma in generale si sono fidati di me e della mia capacità di giudizio. Seppur è vero che sono alla ricerca di un nuovo modello di lavoro, è anche vero che sto facendo quella che per tanti è “la bella vita”. Ecco questo può attirare alcune invidie e qualche frecciatine, ma credo anche che disponiamo di così tanti mezzi di comunicazione digitali che sta anche a noi saper costruire un’immagine completa, un personal brand che sia aspirazionale senza generare invidie negli altri. La linea è molto sottile, e non sempre è facile mantenere questa distinzione.
Qual è la tua giornata tipo in questo momento? Sei riuscito a mantenere le abitudini che avevi? Quali in particolare? Hai una routine o tutto è basato sugli avvenimenti quotidiani? Cosa determina una giornata che definiresti produttiva?
La routine da una parte è un concetto che mi affascina ma ogni volta che la ottengo cerco poi di fuggire. Quindi direi che no, non ho una routine anche se sto cercando di costruirla. Sono nomade da circa un mese e mezzo, quindi devo ancora prendere le misure con questo stile di vita.
Al momento la mia giornata è costituita del 50% di esplorazione dei posti che visito e 50% di lavoro. Il lavoro include anche brainstorming senza necessariamente essere ad un PC, quindi può essere fatto anche passeggiando sulla riva di una spiaggia e seduti in un caffè di fronte al mare. Ne più ne meno di quanto facevo in una meeting room nell’ufficio dove stavo a Londra.
Domanda tecnica, ma che potrebbe interessare a molti: quali sono gli strumenti, hardware e software, che utilizzi abitualmente e dei quali non potresti fare a meno?
Posso suddividere gli strumenti che utilizzo per categorie, nulla di particolarmente shokkante ed innovativo:
Personal Branding: Facebook – Instagram – Twitter – Sito Web Personale
Comunicazione: Whatsapp – Telegram – Slack – Facebook
Organizzazione del lavoro: Gmail – Evernote – Trello
Outsourcing: Fiverr – Upwork
Networking: Meetup – Facebook
Produzione: GoPro – Huawei P9 – Final Cut – Photoshop
Scrittura: Google Docs – Grammarly
Campagne di supporto: Indiegogo – Thunderclap
Domanda finale, la bastarda, quella a cui nessuno vuole mai rispondere: progetti futuri?
Il futuro come immagini è incerto, ma WiredNomads si evolverà fino a diventare, appunto, un set di strumenti per abilitare chiunque voglia fare la mia stessa scelta di vita. Non vogliamo lucrare sulle pelle di nessuno, ma costruire qualcosa assieme per dare veramente una sferzata al mondo del lavoro.
Augurando buona fortuna a Marcello per il suo progetto Wired Nomads, vi do appuntamento alla prossima puntata delle Interviste Divergenti che spero diventeranno un rendez-vous costante.