
Essere un freelancer è una bomba.
Uno spasso. Significa godere del proprio tempo, continuare a specializzarsi quotidianamente, lavorare spesso in ambienti diversi, avere la libertà di muoversi in diversi campi senza sentirsi una pedina al servizio di qualcun altro. Poi c’è la realtà, che è ben diversa.
La concretezza è fatta di composti ben più solidi della materia dei sogni, su cui a sbatterci il muso ci si fa male: questa scelta lavorativa implica periodi di stallo, quando non c’è lavoro e troppo tempo per I brutti pensieri. Certi giorni è dura. Io lo avverto soprattutto di sera. Una volta mi piaceva l’oscurità, mi metteva voglia di bere, di incontrare gente, di perdermi nel buio. Ora mi trasmette l’idea che la giornata sia finita, e che il tempo sia passato, di nuovo, ancora una volta. Ma il problema maggiore sono le incertezze, che si accentuano espandendosi nelle ombre protrattisi fino a congiungersi e coprire tutto.
Come già teorizzato da una varietà di filosofi, la vita è fatta di ciclicità, che a noi poveri umani sembrano accanimenti, ma che in verità sono dei semplici cambiamenti, o periodi che si alternano. Essendo la nostra mente decisamente limitata a livello hardware, li percepiamo come mutamenti assai destabilizzanti, a volte quasi diretti a noi stessi intesi come persona, tanto che ci si sente perseguitati.
Insomma, come in tutto, aver la possibilità di gestire il proprio lavoro ha i suoi lati negativi: implica l’occasionalità di non aver lavoro o non poter lavorare.
O, come mi capita spesso ultimamente, di farlo gratis perché alla fine qualcosa non va, che sia il risultato, gli eventi esogeni, qualche spesa imprevista e così via. E allora si tira un po’ la cinghia, cercando di guardar lontano, aspettando tempi migliori. La cosa importante però, secondo me, è non perdere di vista il presente. Evitare di pensare al passato come un periodo migliore e al futuro come in attesa che qualcosa succeda. Perché si perde di vista il presente, che è la vita vera, ed è limitata e viene persa minuto dopo minuto. Ogni fase ha qualcosa da insegnarci, delle sensazioni da proporci, un ricordo da riservarci.
In ogni caso è importante insistere su coerenza e caparbietà. Fregarsene dei giudizi altrui e continuare per la propria strada. Le paure sono normali ed è giusto averne, ma se ci pensate bene sono per la maggior parte impartite. Nessuno nasce impaurito, è paragonarci agli altri che ci fa pensare di aver sbagliato, è discostarci dalla normalità che ci mette in tensione. Chi non esce dalla sua comfort zone, però, non migliora e non evolve. E’ quando si cade e ci si rialza che veramente si impara qualcosa, che si ha veramente l’occasione di migliorarsi.
E’ bene ricordarsi che non esiste un percorso giusto e uno sbagliato.
Chi giudica le vite degli altri si attiene sempre a un paradigma proprio, basato su valori propri, generati da migliaia di fattori come la sua educazione, il suo background educativo, la sua storia, le sue fobie, la sua evoluzione e una serie interminabili di scheletri nell’armadio.
Faccio bene a inseguire i miei ideali e le mie ambizioni? Dovrei trovarmi un lavoro in ufficio e fare un mutuo per la casa? Devo lasciare tutto e iniziare un viaggio spirituale in autostop? A volte, chi va controcorrente rischia tutto e alla fine vince. A volte invece no.
Non dimentichiamoci mai però che il diletto sta tutto nel divertissement, nel percorso, non nel risultato.
1 commento su “L’insostenibile leggerezza del Freelancer: cosa fare quando sei freelancer e le cose non vanno”