Budapest: Cosa Fare e Cosa Vedere – Guida non Convenzionale

Volete sapere cosa vedere e cosa fare a Budapest?

Beh, forse non siete nel post giusto. Nel senso che questa, più che una guida vera e propria, è uno stato d’animo, un diario di viaggio non convenzionale di chi è andato a Budapest e non voleva più tornare indietro.

Qui sotto trovate anche il video dell’esperienza: Buona visione!

Preparazione del Viaggio: Praticamente inesistente

Cosa ci vuole per consacrare un mito? Alcuni elementi, di cui quello peculiare è la ripetizione, che è d’altronde anche l’ingrediente chiave della comicità.

Le parole enfatiche dello storico Barbero diventano perciò quasi immediatamente il substrato fondamentale del viaggio, la colonna sonora e il richiamo alla missione da portare a termine in soli 4 giorni. IL FURORE DILAGA IN CITTA’. Un mantra irresistibile. La rivolta dei Ciompi e le lezioni universitarie di Barbero.

In 4 in macchina partiamo appena cala il sole, perché non ci siamo organizzati e difficilmente lo faremo mai. La sicurezza è un concetto molto relativo, soprattutto nel 2020, anno di sua onnipotenza Covid, che di tutta l’organizzazione e i piani del mondo se ne fotte altamente e ce lo ha dimostrato. 

Guideremo, o ancor meglio, Claudio guiderà tutta la notte, berremo birre agli autogrill alternate a caffe doppi, faremo discorsi possibili solo nella dimensione insonne di quella notte, tra adrenalina, stanchezza, occhi lucidi e stomaco bucato dall’alba che sorge.

Per arrivare a Budapest da Macerata bisogna guidare circa 12 ore, senza contare soste e/o imprevisti. 

Quando in vita tua hai viaggiato tanto, se per un periodo stai fermo, come nel caso dell’isolamento forzato del lockdown, e poi ti rimetti in strada, entri subito in modalità “nomade”. Si tratta di uno stato mentale che ha ripercussioni anche sul fisico, uno stato nel quale dormire non è più importante, così come la stanchezza non sopravviene neanche dopo maratone di km o nottate impegnative.

Entrando in macchina, il mio cervello è entrato in modalità nomade. E’ stato un passaggio improvviso, ne ho percepito l’intensità calda e tra me e me ho pensato: “Ci sono. Finalmente. Mi sei mancata”.

A notte fonda le macchine non sono molte. Al confine con la Slovenia c’è un poliziotto seduto su una sedia di plastica con gli occhi su un mini computer portatile. La notte ci isola in autostrada e copre l’ambiente circostante. 

A Lubiana volevamo fermarci per una bevuta che avrebbe dovuto marcare il territorio, ma dormivamo tutti, tranne il nostro fido autista che continuava a seguire la linea retta che ci avrebbe portato fino in Ungheria.

Arrivo a Budapest

Alle 7 di mattina eravamo nell’appartamento di Via Reviczky 7, terzo piano, senza troppa voglia di dormire, ma con la consapevolezza che nel supermercato 24 ore della piazzetta in fondo alla via avremmo trovato la prima birra bevuta a Budapest.

Sulle panchine della piazza, a me e Paolo facevano compagnia i senzatetto e disperati del posto, così come i primi commuters già in viaggio per raggiungere l’ufficio, formando quell’equilibrio perfetto che raggiungi solo quando viaggi senza curarti del futuro prossimo.

Nel pomeriggio Margaret Island cullava i nostri non più assopiti desideri di festa e socialità, snodandosi sul Danubio mentre la sera scendeva facendoci perdere tra Buda e Pest, nei mille bar e pub che, fedelmente, ci servivano pinte di Soproni IPA intervallate a Unicum, fino a mattino, inoltrato.

I giorni successivi sono stato un misto di sonno mancato, yoga e stretching con Peppe, cose da fare e cose a caso. Un vortice veloce e continuo di birre, whiskey, certamente Unicum, e terme. A Budapest, ci sono le terme per i vecchi e per i giovani. Purtroppo, abbiamo visto prima quelle per i giovani, con grande sfoggio di natiche, seni e capelli al sole, e solo dopo quelle per i vecchi, che non ci sono sembrate degne di nota, a quel punto. 

Ma le terme a Budapest sono un concetto, uno stile di vita, un proverbio, una storia tramandata. Quando vai alle terme il tempo scompare, si dilata, mentre sei in una bolla calda, poi fredda, poi tiepida, poi gelata, poi umida, e così fino a quando l’orologio scocca l’ora di chiusura e ti ritrovi fuori, un po’ confuso, debole e forte nello stesso tempo, e certamente affamato avendo portato sulle spalle secoli di tradizione.  

Poi c’è il giorno che invece ti richiama a uscire, ti sbatte i raggi di sole in faccia in modo talmente forte che sei costretto a seguirlo fin fuori città, accompagnato dalla musica di inaspettata qualità della radio ungherese, passando dalla musica al funky senza interrompere la linea di continuità.

E guarda caso ti ritrovi in un paesino bislacco, con tradizioni e tendenze un po’ miste, come capita quando sono i turisti e i loro bisogni che dettano legge, che staziona sulla riva del fiume. Un ristorante dalle tovaglie rosse ci serve vino bianco ghiacciato, ungherese e non male, se la memoria non mi inganna, mentre il cameriere si meraviglia del nostro ordinare di nuovo delle porzioni di grigliata grandi come metà del tavolo che occupavamo.

E alla fine di cotanta abbondanza, proprio come ci immaginavamo fare i romani, corriamo di nuovo in città ad immergerci alle terme, con le nostre pance piene e il cervello inebriato.

Il ritorno a casa

L’ultimo giorno, con i cuori tristi ed i pensieri ormai verso la vita quotidiana, guidiamo sconsolati verso casa, fermandoci per mettere i piedi a mollo in Lituania. Non senza però essere multati per non avere la vignetta, ennesimo dei documenti che non abbiamo ottenuto fin dal nostro avvento nella società, da bimbetti.

Come direbbe Barbero, nostro accompagnatore inconsapevole: La storia è diversa della memoria: la memoria è infatti soggettiva e non può essere condivisa ma pacificata. La memoria è una trappola. La storia è ricostruire i fatti all’interno del loro contesto, a volte è l’interpretazione dei fatti se i fatti sono acclarati. Non esiste una storia oggettiva, proprio perché l’orientamento personale rischia di offuscare il giudizio”

E soggettivamente, Budapest mi piace sempre un casino.

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